Raccontare il volto solidale nella coscienza rele ai margini di una proiezione unitaria non fa tacere lo spetattore, bensì lo rianima per scoprire la traccia pulsante dello stato psicologico del momento.Responsabile con altri e per altri obblica immancabilmente l'occhio del visitatore a soggettivare anche l'opera artistica.Frammenti di linee e colori individuano pulviscoli di personalità anonima per riuscire a cogliere ed a intraprendere il viaggio di una vita.La definizione è lampante mentre si coniuga il significato specifico della fusione tra la tonalità del pensiero e l'essere raggiante del dire.Linea di frattura, cancella-mento, apparizione e stralci di movimenti rappresentano il profilo del proprio stare con se stessi. Sono.
Oronzo Liuzzi
Oronzo Liuzzi
Vincenzo Mascoli, tavole a tecnica mista che propongono altrettanti ritratti ‘contemporanei’.“Chi sono? Dove voglio arrivare? Dipingere, dipingere, dipingere; rappresentare”: nelle stesse parole dell’artista il senso della sua operazione.
I ritratti, programmaticamente tutti della stessa dimensione e composti con la stessa tecnica pittorica, per dare ad ognuno di essi la stessa dignità e lo stesso valore, accampano in primo piano la figura rappresentata, colta in un gesto, in una espressione, in un significato dell’esistenza che, riversati sulla tela, rendono la luce nascosta di quella stessa esperienza ‘vitale’.
Meglio diremmo, qui, ‘emozionale’, giacchè la serie dei venti ritratti rappresenta altrettanti fotogrammi di una stessa sequenza mentale, come frammenti fotografici della mente riplasmati nel colore e nelle linee, a volte dando più importanza al segno, altre al colore, dispiegato sempre nella consueta gamma tonale dell’artista, dal blu di prussia stemperato nel turchese allo scarlatto che vira fino ai toni dell’ocra, con una predilezione per le larghe campiture di nerofumo, antracite e grigi fino alla luce quasi smaltata del bianco.
Il rilievo quasi plastico dato a ciascun volto, non a caso privo di identità ma contraddistinto solo da una sigla, serve all’artista a fissare l’attenzione proprio sulla unicità e sull’espressività di ogni singolo soggetto rappresentato, che perde i connotati di ruolo sociale, provenienza, anagrafe per aggregarsi agli altri sull’onda, appunto, del rilievo ‘emozionale’: ciascun volto, ritratto spesso in un contesto che fa uso del collage e di più piani prospettici, rappresenta la propria esperienza e il senso che ha nel mondo attraverso il proprio ritratto e la densità degli oggetti e delle allusioni rappresentate dietro di sé.
E l’artista, con questo stratagemma, lega se stesso all’opera rappresentata, che ritrae tanta parte del suo mondo, sognato vissuto immaginato incontrato; e così facendo, creando questo legame ‘emozionale’, ritrasmette la stessa emozione all’osservatore di fronte alla tela.
Scopo e bellezza di questa operazione artistica è, per Mascoli, costituire un tramite, un ponte fra sé e la realtà ritratta e fra l’opera e lo spettatore e, insieme, fra sé e l’osservatore, in una volontà di ‘racconto’ che lo allontana da un’arte da museo e inattingibile. “Chi sono? Dove voglio arrivare?”: all’arte che ritragga il presente della vita.
I ritratti, programmaticamente tutti della stessa dimensione e composti con la stessa tecnica pittorica, per dare ad ognuno di essi la stessa dignità e lo stesso valore, accampano in primo piano la figura rappresentata, colta in un gesto, in una espressione, in un significato dell’esistenza che, riversati sulla tela, rendono la luce nascosta di quella stessa esperienza ‘vitale’.
Meglio diremmo, qui, ‘emozionale’, giacchè la serie dei venti ritratti rappresenta altrettanti fotogrammi di una stessa sequenza mentale, come frammenti fotografici della mente riplasmati nel colore e nelle linee, a volte dando più importanza al segno, altre al colore, dispiegato sempre nella consueta gamma tonale dell’artista, dal blu di prussia stemperato nel turchese allo scarlatto che vira fino ai toni dell’ocra, con una predilezione per le larghe campiture di nerofumo, antracite e grigi fino alla luce quasi smaltata del bianco.
Il rilievo quasi plastico dato a ciascun volto, non a caso privo di identità ma contraddistinto solo da una sigla, serve all’artista a fissare l’attenzione proprio sulla unicità e sull’espressività di ogni singolo soggetto rappresentato, che perde i connotati di ruolo sociale, provenienza, anagrafe per aggregarsi agli altri sull’onda, appunto, del rilievo ‘emozionale’: ciascun volto, ritratto spesso in un contesto che fa uso del collage e di più piani prospettici, rappresenta la propria esperienza e il senso che ha nel mondo attraverso il proprio ritratto e la densità degli oggetti e delle allusioni rappresentate dietro di sé.
E l’artista, con questo stratagemma, lega se stesso all’opera rappresentata, che ritrae tanta parte del suo mondo, sognato vissuto immaginato incontrato; e così facendo, creando questo legame ‘emozionale’, ritrasmette la stessa emozione all’osservatore di fronte alla tela.
Scopo e bellezza di questa operazione artistica è, per Mascoli, costituire un tramite, un ponte fra sé e la realtà ritratta e fra l’opera e lo spettatore e, insieme, fra sé e l’osservatore, in una volontà di ‘racconto’ che lo allontana da un’arte da museo e inattingibile. “Chi sono? Dove voglio arrivare?”: all’arte che ritragga il presente della vita.
Il volto di Dio incomincia dal volto dell'altro (Emmanuel Lévinas).
Volti altri come specchi che svelano la propria affollata identità. Frammenti di luoghi, di immagini, di ricordi a cui sono chiamati indistintamente tutti i sensi. Un discorso di relazioni che parte da un soggetto, si allarga a ricomprendere l’umanità indistinta e torna all’Io, alla personale interpretazione di chi guarda. Un’indagine sociologica è quella su cui basa il progetto di ricerca che Mascoli porta avanti dopo il soggiorno di studio negli Stati Uniti, importante esperienza di crescita artistica e umana.
Mi Me Si come frontiera nel rappresentare l’intersezione tra il già vissuto e il proprio possibile sviluppo artistico, ma anche crogiolo di espressioni che vanno dalla pittura, al disegno, al fumetto e al collage per raccontare vissuti comuni: un bambino, una ragazza, una giornalista, un attore.
Dodici opere e dodici storie spezzettate e ricomposte su tavola, tela, supporti metallici, in modo gestuale, essenziale, istintivo, quasi come un flusso di coscienza che per questo fa largo uso di colori primari di forte impatto visivo: blu, rossi, gialli.
Un’intera vita in un volto: esposizione totale.
Volti altri come specchi che svelano la propria affollata identità. Frammenti di luoghi, di immagini, di ricordi a cui sono chiamati indistintamente tutti i sensi. Un discorso di relazioni che parte da un soggetto, si allarga a ricomprendere l’umanità indistinta e torna all’Io, alla personale interpretazione di chi guarda. Un’indagine sociologica è quella su cui basa il progetto di ricerca che Mascoli porta avanti dopo il soggiorno di studio negli Stati Uniti, importante esperienza di crescita artistica e umana.
Mi Me Si come frontiera nel rappresentare l’intersezione tra il già vissuto e il proprio possibile sviluppo artistico, ma anche crogiolo di espressioni che vanno dalla pittura, al disegno, al fumetto e al collage per raccontare vissuti comuni: un bambino, una ragazza, una giornalista, un attore.
Dodici opere e dodici storie spezzettate e ricomposte su tavola, tela, supporti metallici, in modo gestuale, essenziale, istintivo, quasi come un flusso di coscienza che per questo fa largo uso di colori primari di forte impatto visivo: blu, rossi, gialli.
Un’intera vita in un volto: esposizione totale.