giovedì 26 settembre 2013

"étuttoungioco" serie

Condensa brandelli di realtà, Vincenzo Mascoli. Come? Attraverso un procedimento di accumulo di porzioni di carta da giornale, da cui emerge una visione sfaccettata del mondo, mediante un dialogo continuo con le reliquie della comunicazione visuale: quotidiani, carta patinata delle riviste, loghi riconoscibili della pubblicità, una commistione esemplare tra parola e immagine, segni talvolta non identificabili nella loro interezza, perché associati ad altrettanti squarci di vita sociale e politica della contemporaneità. Il supporto diventa così un panorama di immagini difformi, spesso in contraddizione apparente tra loro, in cui non è impossibile ritrovare il profilo dell’uomo politico del momento accanto a un pupazzo desunto dalla cultura visiva dei più piccoli, oppure il ritratto di un supereroe circondato da immagini ritagliate da Playboy e attorniato da segni pittorici decisi e immediati. Vincenzo Mascoli attinge naturalmente al ricco immaginario neo-pop, preleva – come fu, ma con metodi e intenzioni differenti, per Mimmo Rotella – lacerti di carta di giornale per reinventarli sulla superficie bidimensionale dell’opera, guarda alle icone riconoscibili di un tempo dilatato (dagli anni Sessanta in poi nella fattispecie) per proporre una sua versione dei fatti. Una versione volutamente incompiuta, ibrida. Lo si evince ad esempio nel ciclo Soul in composition, quando fa incontrare un ritratto di Jean Micheal Basquait in versione da boxeur a particolari prelevati dai manuali di storia dell’arte moderna e contemporanea. Il medesimo senso di horror vacui – le sue composizioni sono sempre esasperatamente colme di sollecitazioni visive – si avverte nei lavori più pittorici, in cui si muovono figure anonime in balia di se stesse, in un flusso di simboli e gocciolature di colore che appaiono come ossidazioni della tavola, come in Rain in the hands o in With me, in cui la figura solitaria ritratta diventa quasi un alibi per costruire attorno un apparato segnico e cromatico dal tono informale.  

























Story "serie"


La precarietà dell'essere nella postmodernità. Le impetuose policromie e il caos materico che rappresentano simboli dell'immaginario collettivo e che fanno da sfondo a scene di quotidiana perdita di senso della condizione esistenziale umana. La poetica artistica di Vincenzo Mascoli penetra, attraverso una dimensione estetica “superficiale” - ossia concentrata sull'esperienza percettiva - nell'individualismo in cui l'uomo postmoderno è spinto dalla società dell'iperreale, dominata dalla “simulazione” della realtà, come analizza Baudrillard nel “Delitto perfetto”. L'artista pugliese ritrae dunque la mancanza di punti di riferimento nonché la perdità della nicciana “illusione” - della fantasia – nell'individuo postmoderno, immerso nell'iperrealtà, che rischia di diventa monade tra le monadi pur rimanendo zoonpolitikòn, un animale sociale. Partecipe comunque di una dimensione collettiva costituita da segni e simboli  che rimandano ad un'intrinseca provvisorietà dell'esistente.

 Cecilia Pavone


The precariousness of the human being in postmodernity.  Impetuous polychromies and matter chaos represent the symbols of collective imagination, and form the background of scenes representing the common loss of sense regarding the existential human condition. Through a "superficial" aesthetic dimension, focused on the experience of perception, Vincenzo Mascoli’s poetical art penetrates the individualism into which postmodern man is pushed by a hyper-real society, where simulation dominates reality, as analyzed by Baudrillard in "A Perfect Murder". The Apulian artist, therefore, paints the lack of reference points and the loss of the Nietzschean "delusion" of imagination in the post-modern man, who is immersed in hyper-reality and who risks becoming a monad among monads remaining, though, a zoon politikòn, that is a social animal. Man, anyway, participates to a common dimension which consists of signs and symbols referring to an intrinsic temporariness of the existing.

 Cecilia Pavone